L’Uomo d’Acciaio

di | Category: Recensioni Cinema, Showtime! Rating: T

Superman si arrende all'umanità.

★★★★

L’Uomo d’Acciaio ovvero palingenesi di un mito. O – per dirla all’inglese – reboot.
RIschioso confrontarsi con l’Adamo dei supereroi, personaggio dai chiari tratti giudaico-cristiani e dal potere talmente grande da trovare ogni volta difficile presentare un degno avversario. Ci aveva provato Singer sette anni fa con risultati non premiati dal botteghino; ma il suo era più un lavoro di redenzione del personaggio da una filmografia scellerata prodotta sulla scia delle prime due, fortunatissime, pellicole di Donner.

Snyder rigenera, come abbiamo detto. Non è solo una ripartenza, sono le basi per una saga. Bizzarro considerare come il primo dei supereroi riesce a diventare per la prima volta (sì, per la prima volta) credibile grazie a una cinematografia di genere che nell’ultimo decennio ha posto le basi di un linguaggio tematico e visivo in grado di conferire realismo anche al più improbabile dei personaggi. E Superman ha sempre sofferto la sua primogenitura (su Krypton come sulle pagine dei fumetti) con un isolamento al limite dell’esilio. Grazie alla saga di Batman (lato DC) e agli Avengers (lato Marvel) L’Uomo d’Acciaio ha potuto pescare a piene mani da un immaginario consolidato e concentrarsi sul dettaglio visivo e sulle sfumature narrative.
Alle spalle di Snyder ci sono Nolan e Goyer (autori di Batman Begins) che gli confezionano una sceneggiatura netta, lineare e ricca di dettagli persino filosofici (Lucas dovrebbe essere condannato a vedere questo film in eterno per espiare la volgarità concettuale dei midichlorians). Il regista, da parte sua, aggiunge la sontuosità del proprio gusto scenico e l’invidiabile disinvoltura con cui ormai riesce a governare l’epica. È uno dei pochi cui perdoniamo l’uso ricorsivo dello zoom docu-style.
La costruzione della storia ripudia la linearità cronologica del primo Superman a favore di un continuo uso dei flashback. Scelta felice che permette la contestualizzazione e l’apprezzamento di mille dettagli. Se i protagonisti sono semisconosciuti (altra scelta azzeccata: non rubano la scena ai propri personaggi) il parco dei comprimari è nutrito ed efficace, dal sempre iconico Russell Crowe, il cui ruolo è assai più del cameo di Brando nel Superman di Donner, a un eccellente Kevin Costner; da Diane Lane a Lawrence Fishburne e Chris “SVU” Meloni.
La fisicità del figlio di Krypton è finalmente sperimentata con eccezionale vigore visivo. E se in qualche occasione si può notare un certo compiacimento del regista, poco male. Il compiacimento è anche in sala. Intenso e reale.
È da dire che in alcuni momenti il realismo sembra spegnere la fanciullesca emozione del Superman classico, invincibile e “più veloce della luce”. Un’emozione che releghiamo alla parte più bambina di ciascuno di noi, e che vorrebbe esultare ogni volta che Kal-El abbandona il suolo per i suoi voli siderali. Ma L’uomo d’acciaio è un Superman maturo per uomini maturi. L’emozione non è più insita nell’essere in sé “Super”, ma nell’essere un uomo (pur alieno) che lotta e fatica per scoprire i propri limiti e il suo posto nel mondo. Che sceglie una moralità imparata da ambo i suoi padri in quanto uomo libero, contrariamente a un Generale Zod – perfetta incarnazione dell’ übermensch nicciano – magnificamente ambiguo (despota avido di potere o vittima della programmazione genetica kryptoniana?).

Dal 1978 crediamo tutti che un uomo può volare.
Da oggi lo sappiamo.

“Bel costume, figliolo.”
(Martha Kent a suo figlio)

Titolo originale: Man of Steel
Anno: 2013
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: David S. Goyer, Christopher Nolan
Interpreti: Henry Cavill, Amy Adams, Michael Shannon, Diane Lane, Russell Crowe, Kevin Costner, Lawrence Fishburne, Christopher Meloni
Durata: 143′

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venerdì 21 giugno 2013


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