Gli amici del Bar Margherita

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Amici vostri?


È evidente a tutti, da molti anni a questa parte, che chiunque vada a vedere un film di Pupi Avati lo fa soltanto per tre possibili motivi:
1. a causa di una scommessa persa;
2. come penitenza quaresimale;
3. per una ignoranza della legge che recita: “Se un film italiano risulta bello, è un caso; se un film di Pupi Avati risulta accettabile, consultate un medico.”
L’ ignoranza però, è cosa nota, non scusa il trasgressore.

Dunque la seguente recensione necessita di una indispensabile introduzione, per spiegare i motivi dell’insano gesto che mi ha portato in un uggioso pomeriggio romano, dopo una pesante settimana lavorativa, a vedere questa soporifera commedia (?) del regista (?!) italiano.
 La verità è che, cullato dall’incipiente primavera e da un eccesso di ottimismo, ho abbassato la guardia: ho pensato che prima o poi dovesse imbroccarne una.
E tra lo statunitense Duplicity e la commedia nostrana ho ceduto al campanilismo.
Ma sì, è un periodo positivo, diamo una chance al vecchio Pupi!
Già dal comparire del famigerato logo della Rai Cinema, però, era chiaro che quella che doveva essere una serata all’insegna della scanzonata commedia brillante americana si sarebbe trasformata in una tragica notte di patetismo italiano, ammantato di un lirismo che non c’è.

Pupi Avati è nato vecchio e con l’aspetto di un Babbo Natale dei poveri (che tuttora possiede). Purtroppo del vecchio Santa Claus ha solo l’aspetto, ma non la verve, che è quella di un novantenne con la sciatica. Non abbiamo nulla contro le due categorie in questione (anziani e Babbi Natale, s’intende), ma gradiremmo per lo meno che non ce la menassero più di tanto dicendo che il nostro Pupi è un grande regista italiano.
Questo film (lo chiameremo così per semplicità di idee, d’ora in poi) lo dimostra.
Ambientato nella Bologna degli anni ’50 ci presenta le mirabolanti avventure degli avventori del Bar Margherita, con i suoi “personaggi” famosi e la sua squadra di macchiette, interpretate dalla metà degli attori italiani esistenti. 
La bellezza del film è che non succede proprio nulla: probabilmente un effetto voluto dal geniale regista che ricrea la dimensione di vita dell’anziano del paese (come è lui) che ci racconta di quando era giovane e, siccome è completamente rimbambito, un po’ inventa, un po’ ripete le cose.
Insomma, la suspense di questo film è la stessa che avete tutte le domeniche quando andate a trovare la vecchia zia o i nonni al paesello (con rispetto dei nonni).
I personaggi sono talmente abbozzati che non riescono neanche ad essere delle macchiette: totalmente piatti ed incolori, più patetici che ridicoli, hanno il sex appeal di Lucia  Annunziata vestita da palombaro. 
Il montaggio del film ha il ritmo di una partita commentata da Bruno Longhi imbottito di Valium ed in preda ad un attacco narcolettico, il bambino narratore è simpatico come un Santoro a cui Berlusconi ha scarabocchiato le vignette di Vauro in diretta TV e le vicende narrate sono interessanti come un documentario sul ricamo all’uncinetto.
Se qualcuno spera di vedere almeno Bologna, città in cui è ambientato il film, rimarrà deluso: di Bologna non vediamo nulla. Ma c’è un perché: il film, si scopre alla fine, è girato a Cuneo…
Dopo quanto detto gradiremmo che il signor Avati, la prossima volta che rilascerà un’intervista su un suo film in uscita, si recasse dai giornalisti (anzi meglio da Fabio Fazio che lo invita con la regolarità di un orologio a cucù svizzero) vestito con un abito rosso e bianco su una slitta trainata da alcune renne.
Questo non lo migliorerà la qualità delle schifezze che ci propina, ma almeno otterrebbe qualcosa che i suoi ultimi dieci film (sommati) non sono riusciti ad ottenere: ci farebbe divertire.

Titolo originale: Gli amici del Bar Margherita
Anno: 2009
Regia: Pupi Avati
Sceneggiatura: Pupi Avati
Interpreti: Diego Abatantuono, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Fabio De Luigi, Laura Chiatti, Luisa Ranieri
Durata: 90′

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giovedì 28 gennaio 2010


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