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Quando si dice “la legge del remake”: il primo film è sempre il migliore.

Nella fattispecie alludiamo a L’uomo che visse nel futuro, 1960, di George Pal, con un grande Rod Taylor nei panni del protagonista.
Là il professore viaggiava nel tempo per ansia di conoscenza, incarnando una sorta di Ulisse dantesco con un pizzico di positivismo. Un personaggio – insomma – molto in linea con il libro originale di H. G. Wells, il cui nipote, regista di questa ultima trasposizione cinematografica, ha invece voluto rendere più “moderno” e tormentato da problemi sentimentali.

Il dispiego di effetti speciali – ben resi, va ammesso – non merita però al film la sufficienza.
La sceneggiatura fa acqua in più punti, nonostante la firma sia quella di John Logan (Il Gladiatore, Ogni maledetta domenica, RKO 281); il protagonista si fa e fa domande a cui nessuno risponde, se non con luoghi (o tempi?) comuni e banalità..
Jeremy Irons ha perso più tempo a truccarsi che non a recitare quei due minuti in cui appare. Sprecato.

Da 0 a 10 anni, insomma, un po’ come “L’allegro chirurgo”.

Titolo originale: The Time Machine
Anno: 2001
Regia: Simon Wells
Sceneggiatura: David Duncan (screenplay), H.G. Wells (novel)
Interpreti: Guy Pierce, Jeremy Irons
Durata: 96’